Intervista esclusiva di TuttoSport al presidente della Figc: «Gli scudetti? Anche i tifosi del Torino possono contarne 8, io non posso. Non ho revocato lo scudetto assegnato nel 2006 all’Inter perché la Figc come organo politico non aveva e non ha la titolarità per farlo»...
TORINO - Ubriacante. Giancarlo Abete sa usare le parole come Omar
Sivori era abituato con i dribbling. E non a caso l’italoargentino è
stato uno dei suoi primi idoli calcistici, insieme a John Charles.
Politico nel dna, democristiano di formazione, il presidente della Figc
non è uno da tackle: vuoi per educazione, vuoi per opportunità. Averlo
in redazione per oltre un’ora è un’occasione ghiotta per parlare a 360
gradi del calcio italiano. A pochi giorni da Inter-Juventus, è infatti
un interlocutore interessante per trattare, tra gli altri argomenti,
anche l’irrisolta diatriba di Calciopoli che ancora divide club e
tifoserie. L’impressione, alla fine della chiacchierata, è che fra la
Juventus e le istituzioni sia in atto una sorta di pausa di riflessione.
GLI SCUDETTI -
«Ogni ruolo comporta possibilità e vincoli: io non posso criticare la
giustizia sportiva e quindi mi rimetto alle sue decisioni. Poi come ha
detto il presidente Agnelli esistono una contabilità del cuore e una
contabilità ufficiale. Io necessariamente devo rappresentare quella
ufficiale, poi ognuno può avere le sue opinioni: è la forza del mondo
del calcio. Se il tifoso della Juventus vuole contare 31 scudetti è
libero di farlo, così come quello del Torino può contarne 8
(considerando anche quello revocato e non assegnato del 1927, ndr). Se
mancassero la passione e la faziosità, verrebbe meno un elemento
fondamentale del mondo del calcio. Bisogna che la faziosità trovi un
punto di equilibrio con la razionalità. Io non ho revocato lo scudetto
assegnato nel 2006 all’Inter perché la Figc come organo politico non
aveva e non ha la titolarità per farlo. La revoca di un titolo deve
essere operata in sede di giustizia sportiva e la giustizia sportiva non
può più intervenire perché in quel caso è sopraggiunta la prescrizione.
Quanto all’assegnazione, quella non fu opera mia, c’era il professor
Rossi ...».
AGNELLI - «I rapporti sono sempre stati buoni. Bisogna sempre distinguere la qualità dei rapporti personali dai contenuti di certe situazioni in cui ci si può trovare in ruoli e posizione diverse. Il tipo di interlocuzione con il presidente Agnelli è sempre stato lineare in termini di rapporti e, soprattutto, di qualità dei contenuti, questo senza bisogno di mettere i manifesti, non so se rendo l’idea... Poi certamente su alcuni versanti di certe situazioni ognuno ha delle posizioni, delle convinzioni e delle necessità diverse. E... come dire... che devo fare?».
IO JUVENTINO - «Il tifo juventino, tuttavia, non è un mistero. Quando mi intervistarono all’inaugurazione dello Stadium, dissi: con il club possono esserci su certi argomenti posizioni diverse, ma è certo che io ho visto, da tifoso, più finali di Champions della maggior parte dei presenti. Ne ho persa solo una: nel 1985 ero all’Heysel, due anni prima ero ad Atene. E all’epoca non avevo nessun ruolo federale, ero semplice tifoso: sono entrato in Federazione nel 1988. Forse posso essere tacciato di un ruolo interpretato male, ma non di mancanza di passione nei confronti dei colori bianconeri».LEGGI ANCHE: