La sentenza della Corte di Giustizia federale che annulla la
penalizzazione del Napoli di due punti non rivoluziona il concetto di
responsabilità oggettiva. Le motivazioni, rese note poco fa, fanno luce
sulla vicenda: il Napoli viene assolto perché non ci sono prove
dell´illecito di Gianello....
La morale delle dodici pagine firmate dal presidente del collegio giudicante Gerardo Mastrandrea spiegano che le parole di un tesserato, in questo caso, Matteo Gianello, non sono sempre oro. Il grande accusatore aveva puntato il dito contro Cannavaro e Grava, e avrebbe dato una sorta di conferma» della tentata combine prima della partita Sampdoria-Napoli del 10 maggio del 2010.
Per la Corte non emerge alcun significativo quadro di riscontro circa la univocità delle dichiarazioni di Gianello. In poche parole, come emerge dalla lettura del dispositivo, manca la prova del fatto illecito.
La Corte, infatti, ritiene «fumose e sfuggenti le dichiarazioni di Gianello» che «non ha mai indicato il prezzo del delitto, ossia il profitto dell´illecito che sarebbe stato conseguito dai calciatori del Napoli»
Nella motivazioni si ironizza: «Il punto più grottesco della posizione di Gianello è che l´unico riferimento meno etereo al tema del compenso viene compiuto con riguardo alla persona poi scagionata, cioè Quagliarella»
E ancora: «Urta davvero contro i criteri della logica concepire un illecito senza la previa determinazione del vantraggio promesso a chi ne sia parte o destinatario».
Dunque Gianello non è credibile. E la Corte lo ribadisce senza concedere attenuanti: «E´ osciallente e fragile l´impianto della parole di Gianello e il loro procedere in forma ondulatoria e non degna della solida necessaria credibilità»
Per quanto riguarda il ruolo di Cannavaro e Grava «manca la prova persuasiva che ai due difensori si fosse esplicitamente e chiaramente proposto di giocare a perdere»
Da qui la conclusione: «la crisi di credibilità, serietà, uniformità, armonia delle dichirazioni di Gianello non può che essere l´esclusione della prova persuasiva e resistente al dubbio della plausibilità di una ricostruzione alternativa dei fatti del compimento di atti concretamente alterativi o capaci di indurre o determinare altri all´accettazione di una proposta corruttiva». Mancando l´illecito, manca anche la denuncia.
Da qui le conclusioni: «La condotta di Gianello è rilevante sotto lo specifico profilo dell´innosservanza dei doveri di probità e lealtà sanciti dall´articolo 1 comma 1 C.G.S: alla medesima conclusione perviene peraltro, lo stesso appellante nel proprio atto d´impugnazione (presentato dall´avvocato Edoardo Chiacchio, ndr)» Complementare alla relativa affermazione di responsabilità,si legge ancora, è quella a titolo oggettivo del Napoli cui il tesserato apparteneva ai tempi dei fatti. Ilmattino.
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