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venerd́ 10 gennaio 2014 19:03
Ecco come è nata la rivalità con il Verona
Ecco come è nata la rivalità con il Verona

Era il nulla, per i tifosi partenopei: una squadretta del Nord. Con una tifoseria che però proprio per questo si rivelò più provinciale e razzista delle altre. E così, dopo gli striscioni “Benvenuti in Italia” e “Lavatevi”, cambiò tutto....


di Errico Novi

Perché proprio con ilVerona? Cos’hanno di speciale gli scaligeri per suscitare un odio così viscerale? A poche ore dal ritorno di una partita che manca da 7 anni (in serie A addirittura da 13) qualcosa in proposito va detta. Innanzitutto che ai napoletani non gliene importava un tubo, del Verona e dei veronesi. I nemici erano altri: Juve, Inter, Milan (seppure ci fosse stato un timido tentativo di gemellaggio tra Blue Lions e Brigate nei primi anni Ottanta), al limite la Lazio. Ma il Verona, cosa significava per i partenopei? Nulla. E in realtà fu proprio l’effetto sorpresa di quel 16 settembre 1984, prima partita di Maradona in serie A, a cambiare le cose.

Il primo conato gialloblù

Negli anni Settanta il Bentegodi è terra di conquista. I napoletani ci arrivano a frotte e occupano tutti i settori dello stadio. L’impianto è piuttosto capiente per una squadra di provincia, oltre 40mila posti (quanti ne fa oggi lo Juventus stadium), ma i supporters locali non riescono a riempirlo mai. Tra l’82 e l’84 però il club partenopeo conosce una grave crisi di risultati, ne risente anche il seguito che gli azzurri hanno in trasferta. E per partite come quella di Verona di partenopei se ne muovono molti meno che in passato. Finisce così in secondo piano un primo conato fortemente razzista della curva sud del Bentegodi: che dopo il passaggio di Dirceu in azzurro dedica al campione brasiliano lo striscione “ora non sei più straniero, Napoli ti ha accolto nel continente nero”. Se ne accorgono in pochi. Passa meno di un anno ed ecco la scena madre. La prima di campionato 84-85 è Verona-Napoli. È arrivato Diego, ha appena segnato in Coppa Italia alcuni dei suoi gol più incredibili, a cominciare dalla rovesciata di Pescara. Il Napoli è incompleto, schiera a centrocampo un metodista ormai avanti con gli anni come Walter De Vecchi, ma i tifosi azzurri hanno occhi solo per Lui. Nell’impianto scaligero sono almeno 15mila. I veronesi prendono male l’invasione. Il Veneto dei primi anni Ottanta non è il Nordest di oggi. È una provincia chiusa e povera rispetto alle ricche Milano e Torino, dove i meridionali entrano ormai a far parte anche della classe dirigente. Brigate e inferni gialloblù vari scaricano contro i tifosi partenopei cori xenofobi che neppure a San Siro o al Comunale di Torino si sentono: “Terremotati”, “benvenuti in Italia”, “quanto puzzate”. La tensione è accresciuta dalla vittoria per 3-1 che l’Hellas riporta sul campo. Molti supporters azzurri tornano a casa e raccontano la sconcertante accoglienza. Ma la delusione per il risultato anche stavolta oscura almeno in parte l’accaduto.

I cori razzisti in sovraimpressione sulla Rai

Un effetto in realtà c’è: l’anno dopo, è il 23 febbraio dell’86, a Verona non ci sono i gruppi ultras del San Paolo. Arrivano circa tremila tifosi azzurri da varie parti del Nord. Ma l’atteggiamento dei veronesi non cambia. Riecco gli insulti razzisti sugli striscioni: “Benvenuti in Italia” e “Lavatevi”. Stavolta la cosa non sfugge alle telecamere Rai. E così il servizio su Verona-Napoli 2-2 messo in onda alle 20 da Domenica sprint mostra non solo le scritte ma fa ascoltare ben bene anche i cori. E non solo: perché mentre va in onda sulle note di Guantanamera la canzoncina delle Brigate gialloblù Quanto puzzate, terroni quanto puzzate, la tivù di Stato mette addirittura le parole in sovraimpressione. Finalmente scoppia il putiferio. Non si parla d’altro per una settimana. E così la successiva partita in casa, Napoli-Torino, viene preceduta da quasi mezz’ora di cori di protesta scanditi dalle due curve del San Paolo.

Verona diventa il nemico

Solo a questo punto i napoletani che dopo poco più di un anno festeggeranno il primo scudetto cominciano a mettere i veronesi in cima alla lista dei nemici. Prima degli interisti, degli juventini. Il prepartita di quel Napoli-Torino è una specie di rivelazione collettiva. In curva A compare uno striscione di risposta che non conquisterà la fama del ben più tardivo “Giulietta è ’na zoccola” (1996). Il drappo ideato dai Blue Lions di Tony Faiella, scritta bianca su fondo rosso, recita “Veronesi, torneremo per farci lavale le palle”. Violento, volgare, senza dubbio. Ma a noi quasi quasi piace più di quell’altro.

[Fonte: Extra Napoli]





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